Allo stesso tempo, è ormai riconosciuto che la disfunzione endoteliale  implicata anche nella patologia cronica venosa [Nicolaides, 2005], rappresentando perciò di fatto il comune denominatore tra le patologie di origine arteriosa e venosa.

Numerose evidenze suggeriscono che l’adesione dei leucociti all’endotelio vasale e la loro migrazione nello spazio intersti­ziale costituiscano i principali meccanismi coinvolti nella disfunzione endoteliale ar­teriosa e nell’incompetenza venosa valvo­lare. L’“imprigionamento” e la diapedesi dei leucociti indotte da stimoli infiammatori si sviluppano attraverso la migrazione radiale delle cellule, il loro scorrimento a contatto con l’endotelio mediato da selectine e la loro adesione endoteliale mediata da integrine [Nicolaides, 2005].

Citochine proinfiammatorie, radicali liberi dell’ossigeno, fattori di attivazione delle pia­strine, aumento di ioni calcio intracellulari in condizioni ischemiche o altre sostanze tossiche alterano la funzione dei filamenti di actina associati alle giunzioni intercellu­lari aumentandone la permeabilità [Esper, 2006] (Figura 2).

L’accumulo nel tessuto di monociti e lin­fociti T costituisce lo stadio cruciale dell’in­staurarsi del processo infiammatorio croni­co. L’adenosina e la guanosina monofosfato cicliche (AMPc e GMPc), così come i ni­trati, contrastano l’aumento di permeabilità mentre la protein-chinasi C stimola l’effetto opposto [Esper, 2006].

Altre strutture cellulari contrattili coin­volte nel mantenimento dell’equilibrio emoreologico sono le stress fibers costituite da filamenti filiformi composti da actina e miosina; la loro funzione principale è quella di adattare in base al flusso ematico la forma

Anticoagulanti/ antitrombotiche Trombomodulina, eparina, proteina C, proteina S, attivatore tissutale del plasminogeno, ossido nitrico, prostaciclina
Procoagulanti/ protrombotiche Fattore di Von Willebrand, fattore V, inibitore dell’attivatore del plasminogeno, trombossano, fattore tissutale
Immunologiche E-selectina, molecole di adesione intercellulare (ICAM), molecole di adesione cellule vascolari (VCAM), interleuchine 1, 6 e 18, fattore di necrosi tumorale (TNF),

I classici fattori di rischio cardiovascolari (ipercolesterolemia, ipertensione, fumo, iper­glicemia, vita sedentaria, ecc.) hanno come fattore comune quello di indurre lo sviluppo di stress ossidativo (Figura 7). Infatti, mentre in condizioni fisiologiche la produzione di sostanze ossidanti altamente reattive come l’anione superossido, il perossido d’idrogeno o il radicale idrossilico è controbilanciata da un efficiente sistema antiossidante, in stati patologici queste sostanze iper-reattive sono presenti in eccesso. Tale situazione, identifi­cata appunto con l’espressione stress ossida­tivo, stimola in maniera diretta o attraverso mediatori secondari la replicazione del fat­tore nucleare kappa B (NF-kB) che induce la produzione di citochine come TNF-alfa e interleuchine IL-1 e IL-6 in grado di inibire la sintesi di NO e di favorire quella di angio­tensina II, principale antagonista di NO, che causa vasocostrizione, adesione leucocitaria

 

 

Antitrombina III Potente inibitore di proteasi pro-coagulanti (trombina, fattore Xa); attività potenziata da eparine o eparan solfato
Cofattore eparinico II Inibitore della trombina; attivato da dermatan solfato
TFPI (inibitore dell’attivazione della coagulazione indotta da TF) Proteina anticoagulante che inibisce l’attivazione dei fattori VII e X
LPL (lipoproteinlipasi) Enzima coinvolto nella lisi delle lipoproteine a bassa densità
LDL (lipoproteine a bassa densità) Trasportatori circolanti di colesterolo e trigliceridi
VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale) Potente stimolante dell’angiogenesi la cui produzione è indotta da stati di ipossia

 

Il glicocalice è composto da proteoglica­ni, glicosoamminioglicani (GAGs) e gli­coproteine derivanti da plasma o da cellule endoteliali. I GAGs sono rappresentati da dermatan solfato (DS), eparan solfato (HS), condroitin solfato, keratan solfato e acido ia­luronico [Prydz, 2000]. Si tratta di polimeri lineari di disaccaridi con grado di solfatazio­ne variabile, responsabile della loro carica negativa. A livello del glicocalice endoteliale i GAGs maggiormente rappresentati sono DS e HS, quest’ultimo rappresentando il 50-90% [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007]. I proteoglicani sono costituiti da un cuore proteico al quale sono legate una o più ca­tene di GAGs. Le glicoproteine endoteliali, molecole relativamente piccole (2-15 residui zuccherini) con catene laterali di carboidrati ramificati, che rivestono un ruolo predomi­nante per la funzionalità del glicocalice, sono le molecole di adesione cellulare. Esse ap­partengono principalmente a tre famiglie: le selectine, le integrine e le immunoglobuline. Incorporati in questo strato di rivestimento vi sono vari tipi di proteine solubili che de­rivano dall’endotelio e dal flusso sanguigno come albumina e orosomucoide [Reitsma, 2007].

Il glicocalice che ricopre l’endotelio va­scolare svolge un ruolo protettivo nei con­fronti di quest’ultimo e tale meccanismo protettivo sembra essere svolto appunto da proteoglicani e GAGs [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007].

Uno dei ruoli principali svolti dal glico­calice è quello di evitare l’extravasazione di colloidi e fluidi e di limitare l’accesso di determinate molecole/cellule all’endotelio vasale. Questa funzione viene svolta sia in base alle dimensioni e all’ingombro sterico delle molecole sia in base alla loro carica elettrostatica; infatti il glicocalice ha una ca­rica fortemente negativa e ciò è determinato dalla presenza dei GAGs.

L’influenza che il glicocalice ha sull’ade­sione dei leucociti all’endotelio si esplica attraverso due meccanismi: da una parte esso permette l’adesione attraverso molecole come la P-selectina o le ICAM-1 e dall’altra attenua il contatto fra queste cellule e quelle dell’endotelio [Mulivor, 2002].

Secondo ipotesi accreditate il glicocalice è implicato nel meccanismo d’azione che conduce alla vasodilatazione indotta da NO.

 

Secondo ipotesi accreditate il glicocalice è implicato nel meccanismo d’azione che conduce alla vasodilatazione indotta da NO. Lo stress da attrito stimola infatti la sintesi di NO, che a sua volta permette la vasodi­latazione. Le molecole responsabili della traduzione del segnale fisico, derivante dal flusso, in un segnale biochimico capace di indurre la produzione di NO non sono an­cora state identificate. Recentemente però si sta diffondendo l’ipotesi che il glicocalice sia coinvolto in questo processo. Inoltre vi è una serie di molecole e di enzi­mi la cui funzionalità dipende dall’intera­zione con il glicocalice. Il legame di queste molecole plasmatiche con esso può indurre delle modificazioni nell’ambiente circostante dovute all’aumento della concentrazione lo­cale della sostanza legata o alla formazione di un gradiente di concentrazione nei pres­si del sito di legame. In molti casi questi legami conferiscono al glicocalice un ruolo protettivo: ad esempio numerosi mediatori anticoagulanti come l’antitrombina III e il cofattore eparinico II, l’inibitore della via estrinseca di attivazione della coagulazione o la trombomodulina si legano al glicocalice e contribuiscono ad evitare l’estensione pa­tologica dell’emostasi. Inoltre il glicocalice endoteliale limita il contatto fra citochine pro-flogistiche e recettori cellulari, limitando la risposta immunologica [Reitsma, 2007]. In Tabella III sono riportate le principali molecole la cui azione è regolata dal legame con il glicocalice.

La correlazione fra patologie vascolari e glicocalice è sostenuta sia a livello del micro­circolo che nel macrocircolo. In quest’ultimo ambito alcune evidenze confermano infatti la sua presenza e l’importanza del suo ruolo anche in vasi di grandi dimensioni. Il glicocalice endoteliale è un sottile strato di rivestimento del lume vasale che ricopre le cellule endoteliali, spesso 0,5-3 μm. È con­nesso con l’endotelio attraverso proteoglicani e glicoproteine dette molecole backbone che costituiscono un sistema reticolato in cui sono intrappolati molecole, o frammenti di esse, derivanti dal plasma o dall’endotelio [Nieuwdorp, 2005].

Il glicocalice è composto da proteoglica­ni, glicosoamminioglicani (GAGs) e gli­coproteine derivanti da plasma o da cellule endoteliali. I GAGs sono rappresentati da dermatan solfato (DS), eparan solfato (HS), condroitin solfato, keratan solfato e acido ia­luronico [Prydz, 2000]. Si tratta di polimeri lineari di disaccaridi con grado di solfatazio­ne variabile, responsabile della loro carica negativa. A livello del glicocalice endoteliale i GAGs maggiormente rappresentati sono DS e HS, quest’ultimo rappresentando il 50-90% [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007]. I proteoglicani sono costituiti da un cuore proteico al quale sono legate una o più ca­tene di GAGs. Le glicoproteine endoteliali, molecole relativamente piccole (2-15 residui zuccherini) con catene laterali di carboidrati ramificati, che rivestono un ruolo predomi­nante per la funzionalità del glicocalice, sono le molecole di adesione cellulare. Esse ap­partengono principalmente a tre famiglie: le selectine, le integrine e le immunoglobuline. Incorporati in questo strato di rivestimento vi sono vari tipi di proteine solubili che de­rivano dall’endotelio e dal flusso sanguigno come albumina e orosomucoide [Reitsma, 2007].

Il glicocalice che ricopre l’endotelio va­scolare svolge un ruolo protettivo nei con­fronti di quest’ultimo e tale meccanismo protettivo sembra essere svolto appunto da proteoglicani e GAGs [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007].

Uno dei ruoli principali svolti dal glico­calice è quello di evitare l’extravasazione di colloidi e fluidi e di limitare l’accesso di determinate molecole/cellule all’endotelio vasale. Questa funzione viene svolta sia in base alle dimensioni e all’ingombro sterico delle molecole sia in base alla loro carica elettrostatica; infatti il glicocalice ha una ca­rica fortemente negativa e ciò è determinato dalla presenza dei GAGs.

L’influenza che il glicocalice ha sull’ade­sione dei leucociti all’endotelio si esplica attraverso due meccanismi: da una parte esso permette l’adesione attraverso molecole come la P-selectina o le ICAM-1 e dall’altra attenua il contatto fra queste cellule e quelle dell’endotelio [Mulivor, 2002].

Secondo ipotesi accreditate il glicocalice è implicato nel meccanismo d’azione che conduce alla vasodilatazione indotta da NO. Lo stress da attrito stimola infatti la sintesi di NO, che a sua volta permette la vasodi­latazione. Le molecole responsabili della traduzione del segnale fisico, derivante dal flusso, in un segnale biochimico capace di indurre la produzione di NO non sono an­cora state identificate. Recentemente però si sta diffondendo l’ipotesi che il glicocalice sia coinvolto in questo processo. Una delle prove che supportano tale ipotesi è un espe­rimento, condotto su arterie femorali di cane isolate, in cui il pre-trattamento enzimatico per degradare il glicosaminoglicano ha signi­ficativamente ridotto la produzione di NO rispetto ai casi in cui tale pre-trattamento non è stato effettuato [Mochizuki, 2003]. Inoltre vi è una serie di molecole e di enzi­mi la cui funzionalità dipende dall’intera­zione con il glicocalice. Il legame di queste molecole plasmatiche con esso può indurre delle modificazioni nell’ambiente circostante dovute all’aumento della concentrazione lo­cale della sostanza legata o alla formazione di un gradiente di concentrazione nei pres­si del sito di legame.

Il glicocalice è composto da proteoglica­ni, glicosoamminioglicani (GAGs) e gli­coproteine derivanti da plasma o da cellule endoteliali. I GAGs sono rappresentati da dermatan solfato (DS), eparan solfato (HS), condroitin solfato, keratan solfato e acido ia­luronico [Prydz, 2000]. Si tratta di polimeri lineari di disaccaridi con grado di solfatazio­ne variabile, responsabile della loro carica negativa. A livello del glicocalice endoteliale i GAGs maggiormente rappresentati sono DS e HS, quest’ultimo rappresentando il 50-90% [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007]. I proteoglicani sono costituiti da un cuore proteico al quale sono legate una o più ca­tene di GAGs. Le glicoproteine endoteliali, molecole relativamente piccole (2-15 residui zuccherini) con catene laterali di carboidrati ramificati, che rivestono un ruolo predomi­nante per la funzionalità del glicocalice, sono le molecole di adesione cellulare. Esse ap­partengono principalmente a tre famiglie: le selectine, le integrine e le immunoglobuline. Incorporati in questo strato di rivestimento vi sono vari tipi di proteine solubili che de­rivano dall’endotelio e dal flusso sanguigno come albumina e orosomucoide [Reitsma, 2007].

Il glicocalice che ricopre l’endotelio va­scolare svolge un ruolo protettivo nei con­fronti di quest’ultimo e tale meccanismo protettivo sembra essere svolto appunto da proteoglicani e GAGs [Nieuwdorp, 2005; Reitsma, 2007].

Uno dei ruoli principali svolti dal glico­calice è quello di evitare l’extravasazione di colloidi e fluidi e di limitare l’accesso di determinate molecole/cellule all’endotelio vasale. Questa funzione viene svolta sia in base alle dimensioni e all’ingombro sterico delle molecole sia in base alla loro carica elettrostatica; infatti il glicocalice ha una ca­rica fortemente negativa e ciò è determinato dalla presenza dei GAGs.

L’influenza che il glicocalice ha sull’ade­sione dei leucociti all’endotelio si esplica attraverso due meccanismi: da una parte esso permette l’adesione attraverso molecole come la P-selectina o le ICAM-1 e dall’altra attenua il contatto fra queste cellule e quelle dell’endotelio [Mulivor, 2002].

Secondo ipotesi accreditate il glicocalice è implicato nel meccanismo d’azione che conduce alla vasodilatazione indotta da NO. Lo stress da attrito stimola infatti la sintesi di NO, che a sua volta permette la vasodi­latazione. Le molecole responsabili della traduzione del segnale fisico, derivante dal flusso, in un segnale biochimico capace di indurre la produzione di NO non sono an­cora state identificate. Recentemente però si sta diffondendo l’ipotesi che il glicocalice sia coinvolto in questo processo. Una delle prove che supportano tale ipotesi è un espe­rimento, condotto su arterie femorali di cane isolate, in cui il pre-trattamento enzimatico per degradare il glicosaminoglicano ha signi­ficativamente ridotto la produzione di NO rispetto ai casi in cui tale pre-trattamento non è stato effettuato [Mochizuki, 2003]. Inoltre vi è una serie di molecole e di enzi­mi la cui funzionalità dipende dall’intera­zione con il glicocalice.

FISIOPATOLOGIA DELL’ENDOTELIO

I vasi linfatci, come i capillari e il sisema circolaorio, sono fa anch’essi di cellule endoeliali cheperò hanno caraeristche dierent, sia dal puno di visa organizzatvo che sruurale.La principale dierenza è che il vaso linfatco è a fondo cieco e, dal puno di visa morfologico, illume linfatco è pi ampio e irregolare in !uano deve drenare le grandi !uant” di li!uidoinerstziale.#a !uindi capaci” di allargarsi molo pi facilmene rispeo ai vasi sanguigni$ essi infa non sonocopert da pericit, la mem%rana %asale è incomplea e spesso le cellule endoeliali del linfatcopossono sovrapporsi per avere pi ampio margine di allargarsi e dare maggior cali%ro al vaso.&uesa capaci” è regolaa dalle variazioni di pressione e, in primo luogo, dalla pressione delli!uido inerstziale, il !uale ende a rienrare nel vaso, ampliandone le dimensioni.I linfatci si disri%uiscono nell’organismo araverso una ree di vasi che con’uisce

 

u i li!uidiprovenient dall’am%iene inerstziale nel doo oracico e poi nel sangue, araverso la venasucclavia.Lo sviluppo vascolare è il sisema (siologico e paologico araverso cui si sviluppano nuovi vasisanguigni e linfatci$ ciò avviene araverso la

vasculogenesi

)durane le fasi dello sviluppoem%rionale del sisema circolaorio* e l’

angiogenesi

)che d” forma al sisema sanguigno nelperiodo em%rio+feale e che contnua nell’adulo* sia in condizioni (siologiche )ciclo mesruale egravidanza* che in condizioni paologiche )umori o riparazione di una feria*.La

linfangiogenesi

è un processo molo simile all’angiogenesi relatvamene alle caraeristchemorfologiche di gemmazione di nuovi vasi ma è regolaa da faori dierent$ se nell’angiogenesi siha l’in’uenza principale di -/+0 sui receori -/1+2 e 3, nella linfangiogenesi sono avi ifaori di crescia -/+4 e -/+5 che ineragiscono sul receore -/1+6.Invece, dal puno di visa genetco, il dierenziameno è dao dal faore di rascrizione 7ro8+2 chesi ava esclusivamene nelle cellule endoeliali del sisema linfatco, marcandole da !uelle checomporranno il fuuro vaso sanguigno.9olo imporane )domanda ricorrene nel compio* è la dierenziazione ra sisema arerioso evenoso dal puno di visa morfologico e genetco durane la vasculogenesi.&uesa inizia gi” nel sacco viellino nelle prime semane di via em%rionale, prima che si formi ilcuore e il sisema cardiocircolaorio, per creare un primo a%%ozzo di ree e far circolare il sangue.i” in !uese primissime fasi le cellule endoeliali iniziano a formare complessi vascolari primitvi ecaotci e cominciano a distnguere i vasi del sisema arerioso da !uelli del sisema venoso,araverso l’espressione di receori della famiglia delle

Efrine

)-ph :2, :3, 02;* che marcanodierenemene i due sisemi$ le cellule del sisema arerioso esprimono -ph :3 menre !uelle delsisema venoso -ph :<.=uo ciò è reso possi%ile dall’azione del faore di rascrizione

Notch

 

, che è espresso nelle arerie espeno nelle vene.

 

CENNI STORICI: La prima descrizione del concetto di disturbo cardiovascolare risale all’età antica (II-III sec.), a Galeno, padre della fisiologia sperimentale, che per primo scoprì che le arterie contengono sangue invece di aria. Successivamente, durante il Rinascimento, importanti scoperte in campo anatomico furono fatte da Andrea Vesalio (1514-1564). Ma le più moderne conoscenze sulla circolazione e sul concetto di cuore come pompa si attribuiscono a William Harvey, medico inglese che studiò per molti anni a Padova e che nel 1628 scrisse Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus; per la prima volta Harvey, riunendo isolate scoperte dei suoi predecessori e avvalendosi del metodo sperimentale, fornisce una comprensione globale circa il sistema cardiovascolare per come lo conosciamo ai giorni d’oggi1 . Più tardi, in epoca più moderna, numerose scoperte in campo cardiovascolare sono da attribuirsi a E.H. Starling che nel 1920 descrisse le proprietà principali del muscolo cardiaco e come queste sono “protected modified and controlled” da meccanismi chimici, nervosi e meccanici che giocano un ruolo fondamentale nel fisiologico funzionamento del sistema cardiovascolare2 . L’aterosclerosi e le sue manifestazioni cliniche, quali l’angina pectoris, sono state per la prima volta riportate intorno al XVIII secolo, mentre precorci descrizioni di trattamenti farmacologici, quali l’utilizzo della nitroglicerina, risalgono al XIX secolo3. L’aterosclerosi era conosciuta come causa di ischemia ed infarto nel cuore e in altri organi e gli eventi cardiovascolari ischemici acuti, quali infarto del miocardio o morte improvvisa, venivano frequentemente associati alla formazione di un tromo a livello arterioso; ma per molti decenni non si sono conosciuti i meccanismi fisiopatologici che sottendevano a tali eventi. Poco si conosceva, anche, circa i meccanismi che stanno alla base dell’ipertensione, sebbene si avesse consapevolezza che essa danneggia i vasi sanguigni e il microcircolo di diversi organi. Il concetto rivoluzionario di biologia vascolare risale agli anni ’70 del secolo scorso 4 , grazie ai primi studi effettuati sulle cellule vascolari in condizioni normali e patologiche grazie all’interesse scaturito dal framingham heart studi, uno studio epidemiologico su larga scala che comincia agli inizi del 1950 e che ha dismostrato una stretta associazione tra la coronaropatia, l’ictus, l’aterosclerosi con il diabete e l’età.

Endotelio Ed Insufficienza Venosa Cronica (IRC)Patogenesi della disfunzione endoteliale La capacità dei vasi sanguigni di reagire agli stimoli endoluminali, fisici e chimici, conferisce loro la caratteristica funzionale di autoregolazione, per cui possono modificare il tono vascolare, il calibro distrettuale e la quantità del flusso ematico regionale, in relazione con i cambiamenti dell’ambiente locale e delle richieste metaboliche. L’endotelio sente e risponde ad una miriade di stimoli esterni ed interni mediante complessi recettori di membrana e meccanismi di trasmissione del segnale, che conducono alla sintesi e alla liberazione di varie sostanze vasoattive, trombo-regolatorie e fattori di crescita. Agendo direttamente sull’endotelio normale l’acetilcolina provoca la dilatazione del segmento arterioso corrispondente. Invece nei soggetti con precoce aterosclerosi o soltanto portatori dei fattori di rischio, prevale l’azione diretta dell’acetilcolina sui recettori muscarinici che provoca la contrazione dei muscoli lisci vasocostrittori14,16. In condizioni di riposo una grande varietà di stimoli costrittori e dilatatori locali, sistemici e metabolici, regola armonicamente il tono vascolare coronarico. Nei soggetti normali la vasodilatazione mediata dall’acetilcolina è completamente bloccata a livello delle arterie epicardiche e solo parzialmente a livello del microcircolo coronarico dalla L-N-monometilarginina, un antagonista che inibisce la sintesi dell’ossido nitrico23,24. Ma il blocco della sintesi dell’ossido nitrico anche in condizioni di base (senza cioè l’intervento dell’acetilcolina) diminuisce il diametro dei segmenti prossimali e distali dei vasi coronarici epicardici e aumenta la resistenza vascolare coronarica nel microcircolo.                                         «Attivazione dei leucociti, adesione e migrazione attraverso l’endotelio come conseguenza di un alterato shear stress ,contribuiscono alla infiammazione e successivo rimodellamento della parete venosa e valvole. La riduzione dello shear stress stimola anche la produzione del fattore di crescita tumorale -β1 (TGF-β1) da parte delle cellule endoteliali e cellule muscolari lisce attivate (SMCs) che inducono la migrazione di SMC nell’ intima e successiva proliferazione. I fibroblasti proliferano e sintetizzano metalloproteinasi della matrice (MMP) superando l’effetto degli inibitori tissutali delle metalloproteinasi (TIMP). I risultati dello squilibrio MMP /TIMP risultano nel degrado di elastina e collagene. Ciò può contribuire allo sviluppo di segmenti venosi ipertrofici e atrofici e distruzione valvolare visti nelle vene varicose. Il rimodellamento della parete venosa e l’anomala distensione venosa impedisce ai lembi valvolari la corretta chiusura determinando un conseguente reflusso. »